Il 18 ottobre 1685 Luigi XIV revoca l’editto di Nantes (Emanato da Enrico IV nel 1598). In tutta la Francia, e quindi anche nella val Pragelato e sul versante sinistro della val Perosa, la revoca vietava il culto riformato, ordinava la demolizione dei templi, esiliava i pastori, vietava ai protestanti di abbandonare il paese.

Scomparvero così i templi di Pinasca, Perosa, Villar, i protestanti di questi paesi subirono atroci violenze, l’unica scelta era di abiurare e farsi cattolici.

Nonostante il divieto d’espatrio e la stretta sorveglianza ai confini, molte famiglie della val Chisone continuarono a seguire il culto valdese a San Germano e in valle San Martino, territori piemontesi, altri si trasferirono definitivamente sulla riva destra.

Il giovane Duca Amedeo II (diciannovenne all’epoca essendo nato nel 1666) cercò dapprima di resistere alle minacce di suo zio Luigi XIV Re Sole, che voleva annientare il protestantesimo, emanando a sua volta un editto (4 novembre 1685) che vietava ai valdesi piemontesi di aiutare i correligionari della val Perosa pena 10 anni di galera. Ciò allo scopo di dar tempo al Ferrero, ambasciatore piemontese a Parigi, di agire per vie diplomatiche come risposta alle sempre più pressanti richieste dell’ambasciatore francese a Torino il D’Arcy, ma poi cedette e il 31 gennaio 1686 emanò a sua volta un editto, e il 9 aprile un secondo editto nel quale intimava l’emigrazione in massa della popolazione valdese o l’abiura.

Enrico Arnaud, francese nato Embrun ma pastore a Pinasca fino alla revoca dell’Editto di Nantes, fu l’animatore del partito favorevole alla resistenza, infine la sua tesi prevalse e la maggioranza decise di resistere.

Il 21 aprile 1686 avevano inizio in tutto il territorio delle tre valli le operazioni militari; Amedeo di Savoia si recò a Bricherasio da dove diresse personalmente le operazioni. Le truppe ducali, alla diretta dipendenza di Don Gabriele di Savoia zio del Duca, comprendevano otto reggimenti, venti compagnie di guardie e altri reparti regolari per un complessivo di 4529 uomini, cui va aggiunto un numero imprecisato di milizie volontarie, tra cui si distinsero per particolare zelo e ferocia quelle di Mondovì. Le truppe francesi messe a disposizione da Luigi XIV e comandate dal Generale Catinat comprendevano cinque reggimenti di fanteria, tre di cavalleria, e tre di dragoni, complessivamente circa 4000 uomini.

Un totale quindi di quasi 10.000 soldati seguiti da muli, zappatori, guastatori ed inservienti vari, pronti ad un’azione dura e decisa contro i valdesi.

All’alba del 22 aprile una colonna di 1200 uomini agli ordini del colonnello Mélac, passando per il vallone del Selvaggio, giunse a Bovile dove massacrò, incendiò tutto l’esistente. Nel frattempo Catinat, col resto delle truppe, mise a ferro e fuoco Clot di Boulard, proseguì fino a raggiungere Las Arà, qui raggiunto da Mélac che intanto aveva devastato Riclaretto. Dalla val Pellice risalirono il Parella e don Gabriele di Savoia. Con questa manovra a tenaglia la difesa dei Valdesi crollò in pochi giorni. Poi iniziò il sistematico rastrellamento per stanare coloro che si erano rifugiati in grotte o boschi. A fine maggio tutti i valdesi, che non erano morti, erano stati imprigionati nelle carceri piemontesi.

Quali furono le perdite della popolazione valdese? Dai resoconti di parte ducale, circa 1000 erano state le vittime in val Perosa-Sanmartino, mentre 600 in val Pellice, si aggiungano i giustiziati ed impiccati con processi sommari (ogni testa di valdese sorpreso con armi era pagata 43 lire e 10 soldi). Si può calcolare in circa 2000 le vittime della campagna di guerra. Dei cattolizzati a partire dal 31 gennaio, e dei fuggiti in qualche parte del Piemonte, della Francia e della Svizzera, oltre che dei numerosissimi ragazzi e bambini rapiti alle famiglie, il numero totale dovrebbe essere di circa 3000. Se quindi la popolazione valdese delle Valli, prima delle ostilità, era di 13.500 – 14.000 persone circa, bisogna calcolare in circa 8.500 i valdesi superstiti trascinati in 14 carceri Piemontesi.

Un piccolo numero, nella val Pellice scampa, i cosiddetti “invincibili”, 2 – 300 in tutto, che con improvvisi attacchi saccheggiano e seminano il terrore tra i nuovi occupanti delle loro ex terre.

Alla fine il Duca scende a patti permettendo loro di espatriare in Svizzera con le famiglie liberate.